Alessandro Bellan
Fine dell'utopia?
II. Critica senza utopia?
Una risposta a "La fine dell'utopia" (a partire da Bloch e Adorno)
(Sintesi seminario 12.05.1999)
HEINRICH: Si dimentica.
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Meraviglioso il sopraggiungere della sera. E belli i dialoghi degli uomini tra loro.
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Bella è la quiete e la pace e incantevole l'armonia.
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Splendida è la vita semplice. E senza pari la grandezza della Natura.
PAUL: Però manca qualcosa."
Bertolt Brecht, Mahagonny
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Meraviglioso il sopraggiungere della sera. E belli i dialoghi degli uomini tra loro.
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Bella è la quiete e la pace e incantevole l'armonia.
PAUL: Però manca qualcosa.
JAKOB, HEINRICH, JOE: Splendida è la vita semplice. E senza pari la grandezza della Natura.
PAUL: Però manca qualcosa."
Bertolt Brecht, Mahagonny
1. Il concetto di utopia in senso blochiano è al centro del dialogo radiofonico del 1964 fra Ernst Bloch e Theodor Adorno dal titolo "Manca qualcosa... Sulle contraddizioni della nostalgia utopica. Un dialogo con Theodor W. Adorno": il titolo deriva da un pezzo teatrale del '29 di Bertolt Brecht, Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny e di una canzone musicata da Kurt Weill.
1.1 Lo sfondo è senza dubbio la fenomenologia della coscienza utopica de Il principio speranza (1954-59), grandioso riattraversamento di tutti i tentativi umani di costruire una vita migliore (utopie mediche, sociali, tecniche, architettoniche, geografiche, religiose; i paesaggi utopici raffigurati dalle arti figurative, dall'opera lirica, dalla poesia, dalla filosofia; gli ideali dell'otium e del riposo, la giornata lavorativa di otto ore ecc.): qui l'arco dell'utopico viene da Bloch allargato rispetto a Spirito dell'utopia(1918-23) e scorto anche nei "sogni ad occhi aperti", nella speranza come "controaffetto di attesa", non mero sentimento opposto alla paura, ma atto cognitivo, momento critico: "ogni critica all'imperfezione, all'incompiuto, all'insopportabile e all'intollerabile presuppone senza dubbio la rappresentazione, la nostalgia di una possibile perfezione. Non ci sarebbe imperfezione alcuna se nel processo non ci fosse qualcosa che non dovrebbe essere, se nel processo non circolasse la perfezione e per l'appunto come momento critico" (p. 75). Lo sforzo che Bloch compie in direzione di un recupero del concetto di utopia consiste essenzialmente nel tentativo di illuminare il rapporto con il momento vissuto, con l'attualità, con il momento presente: a) da un lato infatti il presente si mostra come qualcosa che si oppone duramente ad ogni suo scavalcamento o aggiramento in senso utopico: sia perché la coscienza comune (ma anche Hegel) rigetta l'utopia come qualcosa di irrealizzabile, di non-effettuale, qualcosa che non deve essere (l'utopico come Nicht-Sein-Sollendes), sia perché il momento vissuto è opaco, oscuro: l'immediato non è immediatamente dato, presente al pensiero; b) dall'altro però proprio nel presente è possibile scorgere quella strutturale difettività, quell'assenza di Erfüllung, quel non-ancora che rimanda costitutivamente all'idea o almeno alla "nostalgia di una possibile realizzazione" (ivi), la quale dunque ha una funzione critico-controfattuale.
1.2 L'altro grande tema toccato da Bloch è il rapporto fra utopia e finitezza, introdotto da una serie di considerazioni sul pathos della libertà e sul valore controfattuale del diritto naturale: la morte appare come la più potente delle contro-utopie: a che ci servono infatti tutte le costruzioni utopiche se tutto affonda nel nulla, nel nichilismo? L'utopia religiosa - e in particolare il cristianesimo - appaiono a Bloch l'estremo tentativo della coscienza utopica di non fermarsi di fronte alla morte, di portarla fuori dell'orizzonte.
2. Il problema che Adorno pone a Bloch è, invece, quello di capire come si possa uscire da una mera fenomenologia della coscienza utopica.
2.1 L'idea di Adorno è, infatti, che noi non possiamo raffigurarci positivamente l'utopia, la possibile realizzazione, in nessuno dei concetti giusnaturalistici o utopico-sociali evocati da Bloch, libertà, dignità, felicità (i quali per Bloch hanno un contenuto rivoluzionario e trasformativo): la situazione presente ha cioè congelato la possibilità di riproporre in modo integro e non deformato tali concetti-chiave dell'umanesimo moderno: Adorno scorge perciò il fatto che gli uomini non perseguono ciò che potrebbe renderli liberi o l'ideale di una pari dignità, ovvero ciò che dovrebbe assicurare un'effettiva emancipazione in senso illuministico, ma tendono piuttosto alla freudiana "identificazione con l'aggressore" (p. 61), radicalizzando in tal modo la coscienza dell'impossibilità di trascendere il presente, sclerotizzato in un "apparato sociale" che non sembra lasciare scampo alla libertà dei singoli se non nelle temporanee evasioni della televisione, della musica pop o nell'adesione alla perfezione indefinita della tecnica (p. 62).
2.2 Circa l'utopia Adorno fa almeno tre affermazioni fondamentali: 1. l'utopia non consiste in una categoria isolata, ma soltanto nella "trasformazione del tutto" (p. 61); 2. la finitezza, la morte, rappresentano la dimensione propriamente contraddittoria dell'utopia: "in tutta l'utopia c'è un qualcosa di profondamente contraddittorio, il fatto che da una parte essa non può venire affatto pensata senza l'abolizione della morte e però, d'altra parte, a questo stesso pensiero inerisce il peso della morte" (p. 68); 3. l'utopia consiste nella "negazione determinata" (p. 69). Considerazioni su queste affermazioni: (1) La vera utopia, secondo Adorno, non ha niente a che vedere con le singole conquiste tecniche, giuridiche o con standard di vita più sicura e ricca di comfort (televisione ecc.): l'utopia o è la trasformazione della totalità storico-sociale oppure essa si risolve in determinazioni e categorie isolate, destinate ad essere inglobate nel continuum della tecnica (come ad es. le utopie mediche) oppure rese innocue dall'apparato politico-sociale (la pseudo-libertà di cui crediamo di godere nel mondo amministrato governato dal principio di scambio); (2) L'utopia non si può pensare senza pensare anche l'abolizione della morte; pensare l'abolizione della morte significa però porre la morte in quanto tale, ma la morte in quanto tale è la confutazione più radicale dell'utopia, la sua definitiva messa in questione: perciò Adorno afferma che l'utopia è un concetto contraddittorio (index veri per Adorno!). Si tratta allora di capire se per Adorno questo squalifica l'utopia oppure no; (3) Mentre l'ontologia utopica di Bloch tende a far coincidere, in ultima analisi nella sfera propriamente umana o almeno nella storia, il possibile e il reale, mostrando, come Adorno rileva verso la fine del dialogo, la dipendenza di tale ontologia dall'argomento ontologico (p. 74), la dialettica mostra invece come il contenuto utopico legittimamente pensabile e articolabile discorsivamente può consistere soltanto nella negatività, nella confutazione del falso: noi non abbiamo alcuna idea del vero che possa orientare la prassi, perché del vero sappiamo solo in quanto confutiamo il falso (=il vero è solo ciò che nega il libero emergere dell'essere, non la sua contemplazione); questo però, se da un lato ci permette di non esporci al rischio di ipostatizzare falsi dèi o ideologie, dall'altro tende, come Adorno stesso riconosce, "a diffamare la coscienza utopica e a far ingoiare ciò di cui propriamente si tratterebbe, il volere che sia altrimenti" (p. 71). Proprio ciò che nega l'esser-così della situazione data finisce per rinnegare la possibilità che le cose si diano anche altrimenti: ciò mette capo ad un'argomentazione apparentemente circolare: non è possibile istituire alcuna critica senza l'anticipazione di ciò che dovrebbe essere / il dover essere può a sua volta fondarsi solo sulla critica, in quanto la critica non mira ad alcuna contemplazione dell'essere, ma solo alla confutazione di ciò che ne nega il libero emergere. Questa interpretazione della dialettica in Adorno implicherebbe che essa sia inaggirabile e totalizzante, laddove la dialettica negativa è proprio la messa in questione tanto di ogni presunta stipulazione inaggirabile quanto della totalità in sé compiuta: "è inerente alla determinazione della dialettica negativa di non quietarsi presso di sé come se fosse totale. Questa è la sua figura della speranza" (Dialettica negativa, trad. it. p. 367): ma questa è, allora, anche la sua figura dell'utopia.
Principali riferimenti bibliografici:
· Ernst Bloch, Geist der Utopie. Berlin: Paul Cassirer 1923; trad. it. Spirito dell'utopia. Firenze: La Nuova Italia 1980.
· Ernst Bloch, Das Prinzip Hoffnung. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1959; trad. it. Il principio speranza. 3 voll., Milano: Garzanti 1994.
· Gespräche mit Ernst Bloch. A cura di Rainer Traub e Harald Wieser. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1975, pp. 58-76.
· Ernst Bloch, Tagträume vom aufrechten Gang. Sechs Interviews mit Ernst Bloch. A cura di A. Münster. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1977; trad. it. Marxismo e utopia. Roma: Editori Riuniti 1984.
1.1 Lo sfondo è senza dubbio la fenomenologia della coscienza utopica de Il principio speranza (1954-59), grandioso riattraversamento di tutti i tentativi umani di costruire una vita migliore (utopie mediche, sociali, tecniche, architettoniche, geografiche, religiose; i paesaggi utopici raffigurati dalle arti figurative, dall'opera lirica, dalla poesia, dalla filosofia; gli ideali dell'otium e del riposo, la giornata lavorativa di otto ore ecc.): qui l'arco dell'utopico viene da Bloch allargato rispetto a Spirito dell'utopia(1918-23) e scorto anche nei "sogni ad occhi aperti", nella speranza come "controaffetto di attesa", non mero sentimento opposto alla paura, ma atto cognitivo, momento critico: "ogni critica all'imperfezione, all'incompiuto, all'insopportabile e all'intollerabile presuppone senza dubbio la rappresentazione, la nostalgia di una possibile perfezione. Non ci sarebbe imperfezione alcuna se nel processo non ci fosse qualcosa che non dovrebbe essere, se nel processo non circolasse la perfezione e per l'appunto come momento critico" (p. 75). Lo sforzo che Bloch compie in direzione di un recupero del concetto di utopia consiste essenzialmente nel tentativo di illuminare il rapporto con il momento vissuto, con l'attualità, con il momento presente: a) da un lato infatti il presente si mostra come qualcosa che si oppone duramente ad ogni suo scavalcamento o aggiramento in senso utopico: sia perché la coscienza comune (ma anche Hegel) rigetta l'utopia come qualcosa di irrealizzabile, di non-effettuale, qualcosa che non deve essere (l'utopico come Nicht-Sein-Sollendes), sia perché il momento vissuto è opaco, oscuro: l'immediato non è immediatamente dato, presente al pensiero; b) dall'altro però proprio nel presente è possibile scorgere quella strutturale difettività, quell'assenza di Erfüllung, quel non-ancora che rimanda costitutivamente all'idea o almeno alla "nostalgia di una possibile realizzazione" (ivi), la quale dunque ha una funzione critico-controfattuale.
1.2 L'altro grande tema toccato da Bloch è il rapporto fra utopia e finitezza, introdotto da una serie di considerazioni sul pathos della libertà e sul valore controfattuale del diritto naturale: la morte appare come la più potente delle contro-utopie: a che ci servono infatti tutte le costruzioni utopiche se tutto affonda nel nulla, nel nichilismo? L'utopia religiosa - e in particolare il cristianesimo - appaiono a Bloch l'estremo tentativo della coscienza utopica di non fermarsi di fronte alla morte, di portarla fuori dell'orizzonte.
2. Il problema che Adorno pone a Bloch è, invece, quello di capire come si possa uscire da una mera fenomenologia della coscienza utopica.
2.1 L'idea di Adorno è, infatti, che noi non possiamo raffigurarci positivamente l'utopia, la possibile realizzazione, in nessuno dei concetti giusnaturalistici o utopico-sociali evocati da Bloch, libertà, dignità, felicità (i quali per Bloch hanno un contenuto rivoluzionario e trasformativo): la situazione presente ha cioè congelato la possibilità di riproporre in modo integro e non deformato tali concetti-chiave dell'umanesimo moderno: Adorno scorge perciò il fatto che gli uomini non perseguono ciò che potrebbe renderli liberi o l'ideale di una pari dignità, ovvero ciò che dovrebbe assicurare un'effettiva emancipazione in senso illuministico, ma tendono piuttosto alla freudiana "identificazione con l'aggressore" (p. 61), radicalizzando in tal modo la coscienza dell'impossibilità di trascendere il presente, sclerotizzato in un "apparato sociale" che non sembra lasciare scampo alla libertà dei singoli se non nelle temporanee evasioni della televisione, della musica pop o nell'adesione alla perfezione indefinita della tecnica (p. 62).
2.2 Circa l'utopia Adorno fa almeno tre affermazioni fondamentali: 1. l'utopia non consiste in una categoria isolata, ma soltanto nella "trasformazione del tutto" (p. 61); 2. la finitezza, la morte, rappresentano la dimensione propriamente contraddittoria dell'utopia: "in tutta l'utopia c'è un qualcosa di profondamente contraddittorio, il fatto che da una parte essa non può venire affatto pensata senza l'abolizione della morte e però, d'altra parte, a questo stesso pensiero inerisce il peso della morte" (p. 68); 3. l'utopia consiste nella "negazione determinata" (p. 69). Considerazioni su queste affermazioni: (1) La vera utopia, secondo Adorno, non ha niente a che vedere con le singole conquiste tecniche, giuridiche o con standard di vita più sicura e ricca di comfort (televisione ecc.): l'utopia o è la trasformazione della totalità storico-sociale oppure essa si risolve in determinazioni e categorie isolate, destinate ad essere inglobate nel continuum della tecnica (come ad es. le utopie mediche) oppure rese innocue dall'apparato politico-sociale (la pseudo-libertà di cui crediamo di godere nel mondo amministrato governato dal principio di scambio); (2) L'utopia non si può pensare senza pensare anche l'abolizione della morte; pensare l'abolizione della morte significa però porre la morte in quanto tale, ma la morte in quanto tale è la confutazione più radicale dell'utopia, la sua definitiva messa in questione: perciò Adorno afferma che l'utopia è un concetto contraddittorio (index veri per Adorno!). Si tratta allora di capire se per Adorno questo squalifica l'utopia oppure no; (3) Mentre l'ontologia utopica di Bloch tende a far coincidere, in ultima analisi nella sfera propriamente umana o almeno nella storia, il possibile e il reale, mostrando, come Adorno rileva verso la fine del dialogo, la dipendenza di tale ontologia dall'argomento ontologico (p. 74), la dialettica mostra invece come il contenuto utopico legittimamente pensabile e articolabile discorsivamente può consistere soltanto nella negatività, nella confutazione del falso: noi non abbiamo alcuna idea del vero che possa orientare la prassi, perché del vero sappiamo solo in quanto confutiamo il falso (=il vero è solo ciò che nega il libero emergere dell'essere, non la sua contemplazione); questo però, se da un lato ci permette di non esporci al rischio di ipostatizzare falsi dèi o ideologie, dall'altro tende, come Adorno stesso riconosce, "a diffamare la coscienza utopica e a far ingoiare ciò di cui propriamente si tratterebbe, il volere che sia altrimenti" (p. 71). Proprio ciò che nega l'esser-così della situazione data finisce per rinnegare la possibilità che le cose si diano anche altrimenti: ciò mette capo ad un'argomentazione apparentemente circolare: non è possibile istituire alcuna critica senza l'anticipazione di ciò che dovrebbe essere / il dover essere può a sua volta fondarsi solo sulla critica, in quanto la critica non mira ad alcuna contemplazione dell'essere, ma solo alla confutazione di ciò che ne nega il libero emergere. Questa interpretazione della dialettica in Adorno implicherebbe che essa sia inaggirabile e totalizzante, laddove la dialettica negativa è proprio la messa in questione tanto di ogni presunta stipulazione inaggirabile quanto della totalità in sé compiuta: "è inerente alla determinazione della dialettica negativa di non quietarsi presso di sé come se fosse totale. Questa è la sua figura della speranza" (Dialettica negativa, trad. it. p. 367): ma questa è, allora, anche la sua figura dell'utopia.
Principali riferimenti bibliografici:
· Ernst Bloch, Geist der Utopie. Berlin: Paul Cassirer 1923; trad. it. Spirito dell'utopia. Firenze: La Nuova Italia 1980.
· Ernst Bloch, Das Prinzip Hoffnung. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1959; trad. it. Il principio speranza. 3 voll., Milano: Garzanti 1994.
· Gespräche mit Ernst Bloch. A cura di Rainer Traub e Harald Wieser. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1975, pp. 58-76.
· Ernst Bloch, Tagträume vom aufrechten Gang. Sechs Interviews mit Ernst Bloch. A cura di A. Münster. Frankfurt a. M.: Suhrkamp 1977; trad. it. Marxismo e utopia. Roma: Editori Riuniti 1984.